Cosa dovrebbe fare Apple per l’accessibilità delle app di terze parti? L’opinione di Marco Arment

di Fabio Strada

Nel vortice delle polemiche dei giorni scorsi, ora in via di esaurimento, riguardo all’inaccessibilità di molte applicazioni presenti nell’App Store e alla diatriba se Apple abbia o non abbia responsabilità in questa situazione, è uscito un articolo che forse non ha avuto grandissima risonanza ma che io condivido al 100%.

L’autore è Marco Arment, sviluppatore di applicazioni iOS celebri come Instapaper o Vesper, rivolte al pubblico generale, che un anno o due fa ha iniziato una campagna personale sul suo blog per sensibilizzare gli sviluppatori sull’opportunità (e relativa facilità) di rendere le app accessibili con VoiceOver.

Era quindi appropriato che intervenisse anche in questa occasione, e l’ha fatto, sempre con un bel post sul suo blog che si può leggere qui:

app-review-should-test-accessibility

Siccome io personalmente, e anche gli altri componenti dello staff di Universal Access, ne condividiamo in pieno il contenuto, ne voglio offrire ai nostri utenti/lettori un riassunto in italiano.

Dice Arment: Le polemiche dei giorni scorsi si sono concentrate su affermazioni false, cioè che l’accessibilità di iOS, e quindi l’impegno di Apple in questo campo, sia carente; mentre al contrario iOS è è il sistema operativo mobile più accessibile fra quelli attualmente esistenti.

Sotto a queste affermazioni false però è rimasto nascosto un problema vero, e cioè che nell’App Store ci sono tantissime applicazioni di terze parti che non sono accessibili; o ancora peggio, molte applicazioni che in una certa versione sono accessibili, poi diventano parzialmente o totalmente inaccessibili con un aggiornamento, diventando inutilizzabili per gli utenti non vedenti.

Questa non è una cosa di poco conto: ormai le applicazioni vengono usate per molte attività quotidiane irrinunciabili, e un’app che diventa improvvisamente inaccessibile per un non vedente può significare un improvviso peggioramento nella sua vita quotidiana o anche in quella lavorativa.

Il fatto è, dice Arment, che se uno sviluppatore usa gli elementi standard di sistema per l’interfaccia della sua app, si troverà il 90% del lavoro di accessibilità già fatto senza dover muovere un dito. Allo stesso tempo, però, siccome gli utenti che hanno bisogno dell’accessibilità sono pochi, la maggior parte degli sviluppatori semplicemente non ne ha mai sentito parlare. E così è facile che, nella fretta di far uscire un aggiornamento, l’accessibilità di un’app venga compromessa, dato che molti sviluppatori non la verificano.

Questo però è un peccato perché il lavoro necessario a garantire l’accessibilità, sempre secondo Marco Arment, è veramente di poco conto. Nei casi più complessi, dove c’è da rendere accessibili elementi dell’interfaccia non standard, si tratterebbe di un’ora di lavoro. Altrimenti, si tratta solo di etichettare dei pulsanti.

Ora, da altre testimonianze che ho letto io, sembrerebbe che lavorare all’accessibilità di un’app iOS non sia sempre così banale, ma quello che conta è che si può fare e soprattutto che la maggior parte degli sviluppatori non lo fa semplicemente per ignoranza o perché crede che sia un lavoro troppo lungo e costoso.

In tutto questo Apple cosa c’entra? Apple stessa fornisce il framework di accessibilità per gli sviluppatori e li incoraggia a usarlo, per es. nelle pagine del sito Developer e alle sessioni della WWDC. Ma potrebbe fare qualcosa di più per migliorare la situazione? Ebbene, secondo Arment sì, potrebbe farlo.

Il processo di approvazione delle app dell’App Store serve a garantire un certo standard di qualità e sicurezza per gli utenti. A questo proposito le linee guida per l’accettazione delle app nello store sono piuttosto chiare e dicono testualmente:

  • Se un’app presenta dei bug verrà rifiutata.
  • Se un’app non funziona nel modo pubblicizzato dallo sviluppatore, verrà rifiutata.

Bene, dice Marco Arment: per un utente che ha bisogno dell’accessibilità, una fila di pulsanti non etichettati non equivale a un bug? E se si trova ad aver acquistato un’app che non è accessibile, questo non equivale a ritrovarsi un’app che non fa quello che lo sviluppatore promette nella descrizione sullo store?

Per questi utenti però la regola generale non vale, e anche se si ritrovano con un’app che non possono usare, secondo le politiche attuali dell’App Store non c’è niente di sbagliato. Ecco dunque dove Apple potrebbe intervenire per migliorare le cose.

Giustamente Arment riconosce che pretendere che tutte le app dello Store fossero accessibili sarebbe irrealistico, però fra questo e la situazione attuale ci possono essere delle soluzioni intermedie realizzabili. E fa anche una proposta operativa concreta in tre punti:

  1. Inserire un’opzione che propone agli sviluppatori di attivare il test di accessibilità per ogni app che inviano ad Apple. Si potrebbe inserire questa opzione nella schermata di autenticazione con cui gli sviluppatori si collegano ai server Apple, in modo che tutti la vedano e siano quindi sensibilizzati sull’esistenza dell’accessibilità.
  2. Inserire nell’App Store, nella pagina delle app che hanno superato il test di accessibilità, un badge che informa gli utenti appunto che l’app in questione è stata testata per l’accessibilità. In questo modo i clienti non vedenti potrebbero acquistare le app a cuor più leggero, senza temere di trovarsi con un’app inacessibile. Un’app che ha passato il test di accessibilità, a parere di Arment, dovrebbe rendere accessibili tutte le funzionalità che reclamizza nella sua presentazione nello store.
  3. Se un utente ha VoiceOver attivo, quando scarica dallo store un’app che non è stata testata per l’accessibilità, o anche una nuova versione non testata di un’app che precedentemente lo era, il sistema potrebbe visualizzare una finestra di dialogo che lo informa che sta per scaricare un’app non testata per l’accessibilità e chiedergli conferma se vuole davvero scaricarla. Questo non solo aiuterebbe gli utenti non vedenti, ma darebbe anche agli sviluppatori una buona ragione per attivare il test di accessibilità per le loro app, in quanto chi non lo fa si troverebbe ad avere una forma di pubblicità negativa.

Come dicevo all’inizio, io concordo al 100% con le opinioni e con le proposte di Marco Arment. Voi che cosa ne pensate?

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