IL COLORE DELL’ERBA – Vedere, sentire, immaginare

Il nostro sito tratta prevalentemente argomenti tecnologici ma oggi mi piace soffermarmi sui contenuti di un documentario, che racconta la storia di due ragazze adolescenti non vedenti che vogliono raggiungere le rive di un lago.

Perché mai dovrei abbandonare le notizie scottanti per riflettere sulle difficoltà di due ragazzine?
E poi anche se risultasse una scelta opportuna perché soffermarsi proprio su questo documentario?

Intanto mi piace l’idea di un film che nasce accessibile, un po’ come i prodotti Apple! Inoltre mi affascina anche la trama dallo sviluppo lento, molto sobria e priva di effetti speciali che raffigura la realtà di due persone in difficoltà che cercano di trovare una soluzione alle loro problematiche quotidiane, piccole o grandi che siano.

Le agenzie di stampa hanno proclamato: :
Arriva ‘Il colore dell’erba, primo film per non vedenti…. e ovviamente questo annuncio ha suscitato critiche a mio avviso superficiali che rischiano di offuscare un po’ il senso che la regista vuole dare a questo progetto.

Il colore dell’erba non è il primo film che si occupa della vita dei non vedenti e, di sicuro, non si pone come obiettivo quello di raccontare quali siano le problematiche che affliggono il mondo della disabilità visiva. Ma esso ci presenta due ragazze di oggi e queste ragazze sono due persone non vedenti che hanno le loro difficoltà e, come tutti gli adolescenti, cercano di inventarsi qualche soluzione per uscire fuori dalla situazione in cui si son venute a trovare.

Ci viene raccontato nulla di veramente particolare e, in realtà, non si fa mai uso di effetti speciali o di scene sconvolgenti.
La trama ha un andamento molto lento, quasi come l’andare di una lumaca che compare in scena più di una volta. Il linguaggio delle protagoniste è molto ripetitivo, nessun suono fuori posto, nessun colore troppo sgargiante. Tutto si concentra su un punto unico: come superare l’ostacolo che si presenta fra noi e il resto del mondo che ci circonda.

La normalità

L’aspetto che mi colpisce di più è la normalità della situazione. Il quadro autentico con cui viene presentata la storia. Nessun effetto speciale , nessun super eroe, niente che ci possa impedire di metterci nei panni delle protagoniste.

Nulla che ci possa impedire di immaginare noi stessi in difficoltà, sempre alla ricerca di una possibile soluzione per superare l’ostacolo.

Devo dire che questo approccio un pò particolare mi è piaciuto tantissimo, perché con intelligenza e leggerezza si trattano due argomenti molto forti:

  1. l’uguaglianza tra i disabili e i cosidetti normodotati che pur essendo diversi, alla fine dei conti, condividiamo le stesse emozioni, quando ci troviamo difronte alle difficoltà della vita di ogni giorno.
  2. di difficoltà – chi non ne ha in questo momdo?
    E chi è, che non vuole superare i propri limiti?. Vedenti , non vedenti, piccoli o grandi siamo sempre sulla strada a cercare un punto di riferimento, una base solida per superare o aggirare un ostacolo che ci permetta per andare oltre alla ricerca della autonomia e, perché no?, della felicità?

Il confronto

Sin dal titolo il film provoca qualche contraddizione, per esempio quella più banale e scontata: cosa c’entrano i colori con le persone che non vedono?

E poi, che colore avrebbe l’erba?

Dunque pur partendo in questa maniera semplice e neutrale , il film presenta con efficacia molto bene alcune scene di confronto , che, a mio avviso, hanno importanti chiavi di lettura. Durante lo svolgimento delle sequenze risalta bene il confronto fra due ragazze alla pari, le quali, pur avendo opinioni diverse, cercano di spronarsi e incoraggiarsi vicendevolmente al fine di raggiungere l’obiettivo.

Il punto focale della pellicola è imperniato sui problemi a volta a volta da superare, e tramite lo svolgimento della storia priva di distrazioni , anche lo spettatore, se onesto, arriva a confrontarsi con se stesso.
Chi veramente siamo e cosa vorremmo essere? Se lo sapessimo, stiamo facendo tutto il possibile per diventarlo?

L’accessibilità

Infine arriviamo a parlare di tecniche e strategie, tramite
le quali il film si prefigge di raggiungere questi obbiettivi.

Sin dal inizio si ha la sensazione che si voglia ’ sconvolgere lo spettatore proponendo degli scenari che non hanno elementi sconvolgenti! Si gioca molto sulla simbologia e si dà spazio alla fantasia e alla interpretazione personale.

La regista ha dedicato quasi 4 anni per conoscere in detaglio la vita delle ragazze e devo proprio ammetterlo che riesce a riprodurre ogni movimento delle protagoniste in maniera precisa e realistica.

I paesaggi che fanno da sfondo alla vicenda diventano sonori e tramite la delicata ma importante elaborazione del suono il famoso sound designer Mirco Mencacci riesce ad integrare elementi aggiuntivi per rafforzare appunto i colori che scorrono durante la pellicola. Credo che se si chiudano gli occhi, e se ci si riesca a liberare dalla nostra vita un pò stressata e confusionaria ci possiamo trovare avvolti in un silenzio che si fa vivo nei suoni dei paesaggi e l’ambiente , uno sfondo audio abbastanza innovativo ma anche ricco di stimoli che vogliamo riscoprire.

L’accessibilità del film sta proprio nelle tecniche impiegate che permettono di percepire la trama da qualsiasi punto di vista, sia da parte di chi non vede sia da parte di chi segue lo schermo con gli occhi. Non ci sono sottotitoli nè tecnologie assistive perchè non c’è bisogno, allo spettatore viene fornito lo strumento di interpretazione direttamente dallo svolgimento della storia.

Proprio questa libertà di intepretare insieme alle due protagoniste è la peculiarità più speciale e interessante del documentario.

Di seguito vi presentiamo la trama ufficiale del film e la recensione , sentire-immaginare

Tramma ufficiale :

autor : Carlo Griseri

Il documentario di Juliane Biasi Hendel cerca di mettere allo stesso livello spettatori vedenti e non

IL COLORE DELL’ERBA – Vedere, sentire, immaginare Un documentario da “sentire”, nel senso più ampio del termine: questa è l’ambizione de “Il colore dell’erba”, produzione Indyca firmata Juliane Biasi Hendel, che racconta la vita di due giovani ragazze non vedenti, Giorgia e Giona, e le loro sfide quotidiane.

Un documentario che nasce con l’idea di essere fruibile parimenti da chi vede e da chi non lo fa, grazie a un complesso lavoro sul suono realizzato da Mirco Mencacci (anch’egli cieco) e con l’apporto della colonna sonora di Niki La Rosa: l’audio compensa, o sostituisce, ciò che lo schermo mostra.

Giorgia e Giona sono due adolescenti, entrambe prive della vista, e hanno un piccolo grande sogno, quello dell’autonomia.
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